sabato 23 agosto 2014

"Quando sono debole è allora che sono forte"



L'eroismo umano si manifesta proprio nei momenti di maggiore difficoltà e fragilità


Sì, va bene, l’ottimismo è la via migliore per vivere, ma come si fa a trovarlo quando ci si trova di fronte alla morte, alla sofferenza, alle malattie, ai patimenti del corpo e dell’anima?
Quando il dolore per una perdita è così forte da farci impazzire, quando ci sentiamo affranti e prostrati da eventi tragici, quando le condizioni sono così avverse da desiderare solo di morire, come si fa a trovare la forza per mantenere il cuore caldo e la mente lucida da intraprendere azioni positive e alimentare la speranza?
E’ incredibile ma la storia ci ha dimostrato che è proprio nei momenti peggiori che gli umani sono capaci di dare il meglio di sé.
Nel corso di secoli e millenni, interi popoli sono sopravvissuti a dittature sanguinarie grazie alla testimonianza di persone, uomini e donne che pur essendo isolate e perseguitate si sono opposte alla barbarie manifestando dignità, amore e bene fino al sacrificio della vita.
Quanti sono gli eroi sconosciuti che di fronte alla barbarie omicida del regime nazista, hanno rischiato e perso la vita per salvare e proteggere gli ebrei perseguitati. Quanti gli studenti che in piazza Tienanmen vennero travolti e uccisi dai carri armati cinesi. Quanti i polacchi di Solidarnosc che hanno subito torture e privazioni prima di essere riconosciuti? Quanti gli ungheresi o i cecoslovacchi che cercarono di conquistare la libertà opponendosi alle truppe sovietiche? E quanti i martiri cristiani che dalla Roma imperiale a tutt’oggi continuano a morire per manifestare la fede in un Dio che predica amore, giustizia e bellezza?.
L’aspetto che più stupisce in queste vicende di eroismo, è che la fragilità diventa strumento di forza e libertà. Ed è proprio a questo proposito che San Paolo  scrisse nella lettera ai Corinzi (2Cor 12,10), “quando sono debole è allora che sono forte”.
Come spiegare questo paradosso? A domanda precisa suor Elena Bosetti, docente di Sacra Scrittura alla Pontificia Università Gregoriana ha risposto: “Ci sono numerose testimonianze di uomini e donne (anche non credenti) per le quali situazioni disperate e di deriva umana sono diventate momento di grande cambiamento, hanno ricuperato grandi valori che avevano smarrito. In altre parole, attraverso la ‘debolezza’ queste persone sono diventate più uomini e più donne. Nel leggere queste storie il credente non si sconcerta, ma vi legge la mano della Provvidenza".
In ogni situazione in cui il debole si oppone alla strapotere della forza bruta San Paolo “coglie qualcosa di sorprendente: l’energia del Risorto. L’Apostolo ritiene di essere ‘forte’ nella sua debolezza in quanto coinvolto nella dinamica vittoriosa del Crocifisso risorto”.
Nella vicenda cristiana infatti si racconta di  “un Dio che non salva se stesso scendendo dalla croce, ma che apre le porte del paradiso al malfattore che si rivolge a lui nell’agonia del suo patibolo”. “È un Dio che salva sacrificando se stesso, non gli altri; è il Dio che vince con l'amore: l'unica potenza che trasforma l'umanità se viene accolta pienamente nella Chiesa e nella società”. Credere, amare e sperare, queste le azioni che alimentano l’eroismo degli umani.
A. Gaspari
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Per saperne di più: “Verso l’infinito e oltre…”  edito da ZENIT books e IF Press (info@if-press.com)